martedì 28 luglio 2015

Quarta tappa da Benicarlò ad Alpujarras e Mulachen



Anche se manca il gusto di caricare i bagagli sulla moto e sentire il bicilindrico rombare sotto di noi la cosa che conta è vedere la strada scorrere; i 750 km che ci separano da Capileira, Pampaneire e Bublion, i tre pueblos blancos  nel Barranco di Poqeira, sarebbero stati magnifici con la nostra Africa, ma ci regalano comunque magnifiche strade  e paesaggi.
Passiamo il pomeriggio a camminare tra i paesini imbiancati a calce ne praticamente deserti durante le ore della Siesta che qui è ancora un rituale a cui non si può rinunciare. E’ strano vedere paesi con la tipica architettura araba ai piedi della Sierra Nevada, ma la storia ci spiega che qui si rifugiarono gli ultimi arabi del regno dell’Al – Andalus dopo la riconquista spagnola. I volti delle persone più anziane che incontriamo, che potremmo trovare in qualunque paese mediterraneo ci ricordano le nostre radici comuni.
Ci accampiamo a Pitres e dopo un’ottima cena crolliamo in tenda.





Il motivo percui siamo arrivati finoa qui non è solo quello di vedere les Alpujarras (la parte più basssa della Sierra Nevada) ma di scalare la vetta più alta della Spagna Continentale: il Mulachen con i suoi 3481 metri. Tutto il giorno seguente viene dedicato all’escursione che oltre agli splendidi panorami della vetta ci regala chilometri di sentieri immersi in montagne incontaminate, laghi e torrenti impetuosi. Impressionanti due ciclisti partit con noi da 2100 metri che abbiano ritrovato in vetta in sella alle loro mountain bike. Ma in quello che chiameremo “il viaggio delle cose difficili” non poteva mancare di perdersi sul entiro del ritorno dopo 9 ore di cammino e 28 km percorsi e1600 mt di dislivello.
A noi non piace percorrere due volte la stessa strada e dal rifugio ci facciamo spiegare un sentiero alternativo. Qualche dubbio inizia a sorgere quando il nostro altimetro segna una quota più bassa di quella da cui siamo partiti e chiediamo informazioni a due pastori usciti dal loro ovile incuriositi dalla nostra presenza.  Con il nostro spagnolo inventato chiediamo “donde està el camino por Horta del Portillo?” e loro: “ A la sechia a la eschierda, porque alla derecha el camino va a Capileira”. Cosa sia la sechia lo scopriremo solo due giorni dopo grazia all’audioguida dell’Almabra, fatto sta che scendiamo dal versante sbagliato e solo grazie alla tecnologia del nostro orologio GPS riusciamo a ritrovare la macchina. Passata la paura ci ritroviamo in macchina a ridere dell’ennesimo casino superato che rimarrà memorabile.





domenica 26 luglio 2015

Terza tappa da Carcassonne ad Andorra e Collure (ma non ci arriveremo)



Ci svegliamo  sotto un cielo plumbeo e vista la concreta possibilità di trovare la pioggia nel nostro tragitto verso Andorra decidiamo di rimontare ai nostri completi la membrana antipioggia. Da Carcassone prendiamo la D118 che porta verso i Pirenei attraverso i paesi di Limoux (dove producono un ottimo vino) e Ax les Termes. 
Su questa strada attraversiamo i primi passi dei Pirenei avvolti in una fitta nebbia che non ci permette di godere dei panorami circostanti. 
Passiamo senza essere fermati la frontiera con Andorra e poco dopo aver superato il cartello che segna il confine la nebbia svanisce per la gioia dei nostri occhi. 
Qui il manto stradale è perfetto e sulla strada che porta  al passo d’Evnvalira sembra di essere in pista. Il tutto circondato da panorami di alta montagna che lasciano senza fiato. 
Sotto il casco ridiamo come bambini felici di aver scelto di allungare un po’ il percorso evitando le noiose autostrade francesi . La bellezza di Andorra e tutto nei suoi paesaggi naturali e nelle perfette strade che la attraversano.





FOTO CURVE TORNANTI E PASSO
Scesi dai Pirenei ci ricordiamo che la nostra tappa è ancora lunga e scegliamo quindi di viaggiare veloci sulla AP7 che corre lungo la costa mediterranea spagnola da Barcellona fino al Portogallo. Prevediamo di arrivare a Collure giusto in tempo per un bagno veloce ed una cena, ma al km 367 (mai cìi scordemo questo numero) accade il disatro…. L’Africa perde di colpo giri e costringe Francesco ad una brusca manovra per entrare in corsia di emergenza.  “Che è successo?” – chiede Serena – “Un disastro…. È finita” queste le parole di Francesco una volta aperto il tappo per controllare il livello dell’olio da cui esce solo fumo. La disperazione ci assale: una moto che ad ogni cambio d’olio non ne consumava più di 100 cl, in  appena 2000 km ne aveva bevuti ben 2.6 l.  Nessun segno dalla spia dell’olio, né comportamenti anomali; temperatura nella norma… per Francesco che è motociclista da più di 20 anni è un mistero. Nella nostra testa scorre un intero inverno passato a progettare il viaggio e l’ipotesi di ritornare a casa appena due giorni dalla partenza con Africa distrutta. Con la poca lucidità rimasta ci ricordiamo che nella nostra polizza di assicurazione è previsto il carro attrezzi. Serena telefona, segreteria, centralinista italiana, un’ora di attesa. Squilla di nuovo il telefono e una voce spagnola ci richiede dove siamo; guardando la cartina scopriamo essere vicini a BENICARLO’. Ancora 15 minuti e il rito funebre del nostro viaggio con Africa si compie. L’autista del carro attrezzi si rivela molto cortese, ma è ormai troppo tardi per portare la moto in un’officina. Ci accompagna così in un albergo della cittadina fina a quel momento a noi sconosciuta e porta Africa al suo deposito. Anche se quelli dell’assicurazione non ci hanno molto aiutato, ci ricordiamo che nel contratto sono previste anche delle notti in albergo, ma non il rimpatrio nostro e del mezzo. Telefoniamo nuovamente per accordarci sulla sistemazione. La coppia che dirige l’albergo si mostra da subito cortese e volenterosa di aiutarci, vista anche la passione che condividiamo per le moto,  e ci consigliano di far portare l’indomani mattina Africa da Battalla, rinomato meccanico della zona.
Dopo una notte passata quasi insonne a pensare alle varie ipotesi (si torna a casa? Si prova a far accomodare la moto? Quanti e quali danni avrà subito?) vince la volontà di non arrendersi e così il mattino seguente  dopo due ore di angoscia rimbalzati da un operatore all’altro dell’assicurazione riusciamo a far portare la moto in officina.
Non facciamo in tempo ad essere lì che il meccanico ci gela il sangue dicendo che non può aggiustare la moto per via del troppo lavoro (come Francesco aveva supposto è necessario aprire il blocco motore almeno per capire i danni).
Per fortuna un altro motociclista ci suggerisce di sentire un altro meccanico della città che dopo aver valutato la situazione ci propone due alternative: riparare la moto (offrendosi di prestarci il suo R 80 in sostituzione per i giorni che la moto sarà in officina)  oppure spedirla in Italia mediante un camionista di sua conoscenza. Anche in questo caso vince la voglia di continuare il viaggio e già la mattina dopo il blocco è aperto sul banco. L’Africa ha un cuore forte; nessun danno a cilindro pistone bielle e albero motore perché il blocco è avvenuto subito per la rottura di una bronzina sulla biella del pistone posteriore. L’ipotesi più probabile è che l’eccessivo consumo di olio sia dovuto alla rottura dekle guarnizioni delle valvole (mai controllate)  per via dell’alta temperatura a cui il motore ha dovuto lavorare sui passi di montagna. Peccato sia venerdì e fino a lunedì è impossibile ordinare i pochi pezzi necessari alla riparazione.
Janjho ci dice che ci vorrà circa una settimana per poter ripartire e l’unica possibilità per poter girare l’Andalusia è rappresentata dalla macchina a noleggio messaci a disposizione dall’assicurazione gratuitamente.  Avendo  già visitato ampiamente la zona circostante fino al castello di Peniscola, e volendo non riamere fermi altri giorni  decidiamo di accettare e Venerdì pomeriggio prendiamo possesso di una Pegout 308.
Benicarlò non sarà più solo un puntino sulla mappa, ma una località balneare che ci ha ospitato tre giorni e da cui vorremmo ripartire per il nostro viaggio verso ovest. Alla fine ciò che conta è viaggiare e superare le difficoltà che si possono presentare lungo il cammino.




sabato 25 luglio 2015

Seconda tappa da Artignosc sur Verdon a Carcassonne: 550 km



Oggi ci spostiamo verso il sud ovest della Francia proponendoci di arrivare fino a Carcassone con una tappa nella petit Camargue per visitare l’abbazia di Maguelone. Scesi dalle Alpi dell’alta provenza le strade statali francesi scorrono veloci e ci portano in una delle zone di produzione vinicola più importanti della Francia. In queste pianure gli immancabili cavalli bianchi pascolano su prati verdi  contornati da paludi formate dal delta del Rodano. Per ammirare i fenicotteri rosa basta percorrere la D21 che porta dal bellissimo borgo di Agues mortes ad una delle super urbanizzate località turistiche della costa di Montpellier . 
A Villa Nova de Maguelone lasciamo la moto e un trenino ci accompagna fino alla stupenda cattedrale eretta nel mezzo di vigneti.
La visita è gratuita e merita acquistare uno dei rosati prodotti dalla comunità che aiuta le persone con disabilità offrendogli lavoro per un successivo inserimento nella società.


Arriviamo a Carcassone nel tardo pomeriggio e decidiamo di cenare presto nel nostro appartamento per visitare la città con le ultime luci del giorno. 
L’effetto del tramonto crea sui muri della città fortificata bellissimi giochi di luci che Serena si diverte a immortalare.





Gole del Verdon: 220 km



Il mattino seguente percorriamo una favolosa strada contornata da campi di lavanda e grano per raggiungere la diga del Lago di Santa Croce e ci gustiamo memorabili momenti di viste panoramiche e pieghe da manuale.



Imbocchiamo la strada sul lato sinistro delle gole, la famosa “Route des cretes”. Un’informazione preziosa: se si vuole percorre tutti e 20 i Km di questa bellissima strada è necessario a La palude seguire le indicazioni in loco perché un tratto di strada è diventato a senso unico; inoltre soprattutto per chi ha moto stradali attenzione ai cartelli che indicano la presenza di pericoloso brecciolino sull’asfalto. Impieghiamo una vita a percorrere questa strada fermandoci ad ogni punto panoramico e la nostra pazienza è ripagata da ben due incontri ravvicinati con l’Aquila che da poco è tornata a nidificare nelle gole. 



Dal Pont sublime vediamo che c’è chi si concede un bagno nel fiume Verdon e visti anche i 32 gradi non possiamo resistere ed imbocchiamo la strada che scende alle sponde del fiume. Lì bagno rinfrescante, pranzo al sacco e riposino.


Riprendiamo la strada fino a Castellane edopo un altro bagno nelle acque del Lago di Chaudanne torniamo verso casa percorrendo stavolta la riva destra, meglio nota come la Corniche sublime. Questa strada è sicuramente più guidabile della prima anche se regala meno scorci panoramici. La sera un’ottima cena preparata con ingredienti locali e a letto presto per affrontare al meglio la levataccia del giorno dopo